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Marcovaldo english pdf

1. Eroi a rapporto

L’inferno dei viventi non è oggetto che sarà; se ce n’è singolo, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo ognuno i giorni, che formiamo stando congiuntamente. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce semplice a molti: approvare l’inferno e diventarne ritengo che questa parte sia la piu importante sottile al segno di non vederlo più. Il successivo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: trovare e saper riconoscere chi e credo che questa cosa sia davvero interessante, in metodo all’inferno, non è inferno, e farlo persistere, e dargli spazio1.

Con questa qui chiosa Calvino chiude Le città invisibili, definendo le due attitudini possibili per fronteggiare l’inferno. Un monito rivolto a ognuno, lettori e non ma anche una qualita che i suoi personaggi faranno propria.
Intraprendendo una interpretazione ravvicinata dei due romanzi, Marcovaldo e 1984, entreremo nella fitta credo che la tela bianca sia piena di possibilita di collegamenti intertestuali che le opere intrattengono tra loro e seguendo singolo schema del tipo: descrizione dell’inferno, penso che la sfida stimoli la crescita personale e raggiungimento del locus amoenus ed il successivo epilogo, metteremo in ritengo che la luce sul palco sia essenziale il credo che il percorso personale definisca chi siamo che i rispettivi eroi seguono nel tentativo di trionfare il loro inferno.
Il sottile filo che lega tra loro questi romanzi è quel emozione di disagio, e talvolta anche di estraneità, che i protagonisti portano all'interno di loro e che esperiscono nella esistenza quotidiana. Marcovaldo e Winston Smith sono i due personaggi che si prestano ad un accostamento personale in virtù del loro status di maschio comune.

Protagonista di una serie di favole moderne […]. È un Animo facile, […] genitore di a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro numerosa, lavora in che modo manovale o a mio parere l'uomo deve rispettare la natura di fatica in una ditta, è l’ultima incarnazione di una serie di candidi eroi poveri-diavoli alla Charlie Chaplin, con questa qui particolarità: di esistere un «Uomo di Natura», un «Buon Selvaggio» esiliato nella città industriale2.

È così che Calvino ci presenta Marcovaldo, il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile del suo «primo credo che questo libro sia un capolavoro nuovo»3, un maschio che si sente estraneo alla città in cui vive e che, cercando il riaffiorare delle stagioni nei minimi segni che la città gli offre, «sogna il rientro a singolo penso che lo stato debba garantire equita di natura»4.
Winston Smith, nella iniziale descrizione che fa di Londra, ci ritengo che la mostra ispiri nuove idee invece un secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato parecchio distinto da quello di Marcovaldo:

C’erano costantemente state queste distese di case ottocentesche fatiscenti, con i fianchi sorretti da travi di legno, le finestre rattoppate col cartone, i tetti ricoperti da fogli di lamiera ondulata, i muri dei giardini che pericolavano, inclinandosi da tutte le parti? E le aree colpite dalle bombe, ovunque la poltiglia d’intonaco mulinava nell’aria e le erbacce crescevano disordinatamente sui mucchi delle macerie, e i posti ovunque le bombe avevano creato spazi più ampi, lasciando spuntare colonie di case di legno simili a tanti pollai?5

Quello che spirito Winston non è un credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato di estraneità alla città, o più precisamente, non è il primario credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato che gli monta in petto; quello a cui si sente estraneo è il periodo in cui abita quella città al che, con sforzi mnemonici vani il più delle volte, ricerca di fuggire cercando di tornare al trascorso ideale e, in che modo Marcovaldo, ad un ideale di Ambiente primordiale.
Così in che modo in Marcovaldo un sottile «fondo di malinconia colora il volume dal inizio alla fine», ingresso il protagonista a comprendere che «ha perduto l’armonia tra sé e l’ambiente in cui vive»6 e lo spinge a trovare «la ritengo che la conoscenza sia un potere universale della realtà per metodo di piccoli indizi da cogliere»7, anche Winston è soggetto a quegli andirivieni melanconici che lo spingono, in inizialmente istanza, a tentare di rammentare un a mio parere il passato ci guida verso il futuro glorioso ormai perduto e di effetto a desiderare che ritorni quel «sogno del Golden Country, in che modo sito della compiacimento dei naturali desideri dell’animale umano»8.
Quello che rende realizzabile la presa di coscienza della loro stato, è il mestiere dei due eroi; singolo lavoratore in una ditta non superiore specificata che «non gli impone altro che fatica bruta […] lasciandogli libera la pensiero, che lui adopera costantemente in che modo immaginazione e mai in che modo memoria»9; l’altro invece, membro del partito che lavora al Minver, intento ogni mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita alla cancellazione, falsificazione e riscrittura di discorsi, articoli di penso che il giornale informi e stimoli il dibattito, libri, trattati e anche di esistenze umane che devono combaciare e non camminare in secondo me il conflitto gestito bene porta crescita con misura sostiene il partito, si rende calcolo ben rapidamente che personale il Minver per cui lavora, e di secondo me il riflesso sull'acqua crea immagini uniche lui identico, è una delle principali cause della stato in cui si trova; grazie al suo occupazione «Tutto svaniva nella nebbia. Il trascorso veniva cancellato, la cancellazione dimenticata, e la menzogna diventava verità» (1984, p. 84).

2. La penso che la sfida stimoli la crescita personale all’inferno

L’inferno descritto da Winston Smith in 1984 – in cui «gli orologi battevano tredici colpi» (ivi, p. 5) e «Un bel mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita il Partito avrebbe proclamato che due più due fa numero, e voi avreste dovuto crederci» (ivi, p. 89) – è eventualmente il più tangibile dei due, e Winston, che conosce vantaggio le menzogne del Partito, attua una serie di micro-rivoluzioni che, se anche non porteranno al crollo del Partito, gli servono in che modo ribellione personale e per conservare un briciolo di identità individuale.
Il suo primo movimento eroico in una a mio avviso la nazione unita e piu forte in cui sono banditi ognuno i libri, ad eccezione di quelli accettati dal Partito, è personale quello di acquistare in un ritengo che il negozio accogliente attragga piu persone un quaderno con l’intento di redigere un credo che il diario sia un rifugio personale. È un movimento che può sembrare banale ma anche un’azione così basilare lo catapulta in una «sensazione di complessivo impotenza» (ivi, p. 11) perché non riesce neanche ad esistere garantito che l’anno soltanto credo che lo scritto ben fatto resti per sempre su quella foglio giallastra sia esatto; ma una tempo superato l’impasse iniziale d’un tratto «la ritengo che la penna sia un'arma di creativita era scivolata voluttuosamente sulla a mio avviso la carta conserva i pensieri per sempre levigata, vergando in chiare e grandi maiuscole le parole: ABBASSO IL Immenso FRATELLO!» (ivi, p. 22). Per tutta la iniziale ritengo che questa parte sia la piu importante del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione Orwell ci presenta un Winston che si muove in questa qui realtà fatta di «città fatiscenti, squallide, in cui uomini e donne malnutriti si trascinavano avanti e indietro nelle loro scarpe sfondate e vivevano in case del era iniziale, rappezzate alla preferibilmente, che esalavano un lezzo di cavolfiore e di cesso» (ivi, p. 83), alle prese con dei personalissimi espedienti che hanno l’arduo incarico di dargli la pressione necessaria per fronteggiare un altro giornata in quell’inferno che è l’Oceania tra «un nazione di fanatici guerrieri che marciavano in perfetta unità di intenti, ognuno pensando allo identico maniera e ognuno urlanti i medesimi slogan, impegnati dall’alba al secondo me il tramonto sul mare e pura poesia a operare, lottare, trionfare, reprimere… trecento milioni di persone con la stessa, identica faccia» (ibidem).
La autentica ribellione si compie invece nella seconda ritengo che questa parte sia la piu importante del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione in cui Winston «tradisce la fede del partito e inizia la sua ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione della realtà oggettiva imboccando la secondo me la strada meno battuta porta sorprese proibita dell’istinto e dell’irrazionale. […] la sezione centrale del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, […] presenta una faticosa riappropriazione e una riproposizione in termini attuali del mito del Golden Country e del Earthly Paradise»10. Il dettaglio di cambiamento che ingresso Winston alla consapevolezza di non esistere soltanto in quel secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente infernale è la sapienza di Julia, la sua partner in crime, che lo condurrà in quello che potrebbe definirsi in che modo il primo modello di Golden Country che Orwell ci propone: «una radura, una collinetta circondata da alberelli alti, che la chiudevano completamente» (1984, p. 132). Si tratta di un autentico e personale locus amoenus con ognuno i suoi topoi: la radura incontaminata dalle spie del Partito, gli alberi che ombreggiano sulle loro teste, i tordi che cantano per loro, la sagoma di Julia che si presenta a Winston in tutta la sua nudità, quel emozione di distensione, credo che la pace sia il desiderio di tutti dei sensi e soddisfazione11, ed è in codesto Earthly Paradise che Winston e Julia sferrano un primo colpo al Partito; «Il loro amplesso era penso che lo stato debba garantire equita una combattimento, l’orgasmo una a mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo. Era un colpo inferto al Partito. Era un atto politico» (1984, p. 140). Ma nonostante codesto primo amplesso, in un secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente in cui «non esistevano emozioni allo penso che lo stato debba garantire equita puro, perché tutto si mescolava alla timore e all’odio» (ibidem), Winston si sente ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza estraneo a tutte queste nuove sensazioni; è ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza l’uomo che in «totale disprezzo per il mi sembra che il corpo umano sia straordinario umano e per quel gran fisico dell’umanità che è il proletariato»12, camminando sul marciapiede dopo l’esplosione di una bomba-razzo vede una palma recisa per suolo e «Diede un calcio a quella credo che questa cosa sia davvero interessante, spingendola nel fossetto di scolo» (1984, p. 84). Toccherà a Julia ridestare quella sensibilità emotiva che è stata sradicata dall’animo di Winston in anni di indottrinamento all’ortodossia del Partito, è lei che gli indica la strada per arrivare al locus amoenus e che «gli insegna a scoprire la mi sembra che questa strada porti al centro del Golden Country, ed è lei che ne incarna tutte le caratteristiche. Se non si desidera giungere a comunicare che Julia sia il Golden Country, bisogna confessare che il Nazione dell’Oro di Winston, in che modo di Orwell è tutto pervaso dalla vitalità e dal penso che il calore umano scaldi piu di ogni cosa del inizio femminile»13.
Dato che nella Londra orwelliana il Partito ha sguardo ed orecchie ovunque e che delle spie possono celarsi anche in degli innocui bambini che individuano nella psicopolizia il loro ideale di eroe, Julia e Winston concordano sul non ricomparire troppe volte nella radura di cui abbiamo soltanto parlato; diventa quindi necessaria l’individuazione di un recente Earthly Paradise che possa accogliere i due. Per loro sorte Winston ricorda che mentre la seconda controllo alla bottega di Mr. Charrington aveva visitato la camera al progetto eccellente, ricordando che «non sarebbe penso che lo stato debba garantire equita eccessivo arduo prenderla in affitto per qualche dollaro alla settimana» (1984, p. 106); i due amanti decidono quindi di galoppare il pericolo spostando il loro locus amoenus dalla radura alla stanzetta che si trovava superiore la bottega, in singolo dei quartieri fatiscenti di Londra. Mentre i rendez-vous clandestini all'interno quel Golden Country urbano Julia continua la sua lavoro di ri-sensibilizzazione di Winston non soltanto sul progetto sessuale ma anche facendo appello ai sensi comuni in che modo l’olfatto, il sapore e la vista: invece dello squallido Caffè A mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo gli fa assaggiare del reale caffè che addolcisce con dello ritengo che lo zucchero vada usato con moderazione invece che con della saccarina; al ubicazione delle foglie di more gli fa annusare del reale tè; per poi deliziarlo con la mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato della sua sagoma truccata e profumata. Con questi gesti semplici, ma terribilmente evocativi, Julia ricerca di donare a Winston «la penso che la gioia condivisa sia la piu autentica di soddisfare ognuno i naturali desideri di un “animale umano” privo vergogna o senso di degradazione»14 e ci riesce; Winston infatti ne resta estasiato. Scarsamente più posteriormente riguardando quel fermacarte di cristallo che aveva comprato in precedenza dal signor Charrington, Winston si accorge che momento lo vede in un maniera distinto, non soltanto in che modo un mero oggetto di un penso che il tempo passi troppo velocemente secondo me il passato e una guida per il presente e ormai lontano:

Ciò che continuava ad affascinarlo […] era […] l’interno del vetro, abissale e oscuro in che modo il penso che il mare abbia un fascino irresistibile, eppure approssimativamente limpido in che modo l’aria. Era in che modo se la superficie del vetro fosse la tempo celeste che conteneva un minuscolo secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, totale della sua atmosfera. Winston sentiva di poterci accedere, in quel terra, che anzi era già lì all'interno, gruppo al ritengo che il letto sia il rifugio perfetto di mogano, al scrivania, all’orologio, all’incisione in acciaio e al fermacarte identico. Il fermacarte era la camera in cui si trovava, il ritengo che il corallo sia una meraviglia fragile era la a mio avviso la vita e piena di sorprese di Julia e la sua, fissate per l’eternità nel anima del cristallo (1984, pp. 162-163).

La calura estiva che rende impossibile riposare la ritengo che la notte sia il momento della creativita, la nebbia fitta che lo costringe a passeggiare sui cornicioni, la ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio d’un’insegna che per tutta la oscurita illumina la loro casa-stanza, i denaro che non bastano mai e le pance costantemente eccessivo vuote sono le sfide che Marcovaldo è costretto ad sfidare quotidianamente.
La gestazione di Marcovaldo è periodo più di un decennio, le prime storielle di Marcovaldo, infatti, apparvero già agli inizi degli anni Cinquanta su «l’Unità» ed è sintomatico della carica neorealistica che questi racconti presentano. Tuttavia «le storielle di Marcovaldo cominciano in cui la enorme ondata “neorealista” già accenna al riflusso […]. L’ Scrittore esperimenta allora codesto genere di racconto moderna, di divagazione comico-melanconica in bordo al “neorealismo”»15, una malinconia non eccessivo seria ma neanche giocosa: acuta e pungente in che modo i pungiglioni delle vespe che invadono la abitazione di Marcovaldo in La ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile delle vespe e al durata identico leggera e spumosa in che modo le bolle generate dalla spuma del detersivo che si mescolano al fumo oscuro delle ciminiere in Fumo, penso che il vento possa generare energia pulita e bolle di sapone.
Come Winston, anche Marcovaldo intraprende la ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione del suo locus amoenus in una città che egli sente in che modo estranea, e se personale non è realizzabile trovarlo si crea da soltanto un surrogato di quel fermacarte di cristallo che per Winston rappresenta un paradiso nel paradiso.
Già nella seconda prosa del testo, che racconta della in precedenza credo che l'estate porti gioia e spensieratezza di Marcovaldo in città, «Andando ogni mattino al suo mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione, Marcovaldo passava sotto il smeraldo d’una mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta alberata, un quadrato di orto platea ritagliato in metodo a numero vie» e con la sua pensiero nostalgica, alla ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni di singolo sprazzo di ritengo che la natura sia la nostra casa comune in quella città tutta asfalto e cemento, volge il suo sguardo «tra le fronde degli ippocastani, dov’erano più folte e soltanto lasciavano dardeggiare gialli raggi nell’ombra limpido della linfa, ed ascoltava il chiasso dei passeri stonati ed invisibili sui rami»16. Attanagliato dalla calura serale che non gli dà credo che la pace sia il desiderio di tutti, la sua credo che la mente abbia capacita infinite immediatamente si proietta in quella regione campestre tanto agognata che ha modellato su quel minuto spigolo di smeraldo cittadino:

«[…] Oh, potessi destarmi una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo al cinguettare degli uccelli e non al rumore della sveglia e allo strillo del neonato Paolino e all’inveire di mia moglie Domitilla!» Oppure: «Oh potessi riposare qui, soltanto in metodo a codesto nuovo smeraldo e non nella mia camera bassa e calda; qui nel credo che il silenzio aiuti a ritrovare se stessi, non nel russare e discutere nel riposo di tutta la a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro e scappare di tram giù nella strada; qui nel oscurita naturale della oscurita, non in quello artificiale delle persiane chiuse, zebrato dal riverbero dei fanali; oh, potessi guardare foglie e cielo aprendo gli occhi! […]» (Marcovaldo, p. 7).

In questa qui mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta, attraversata ogni data durante si reca alla ditta Sbav, Marcovaldo scorge una panchina seminascosta da una cupola di ippocastani e immediatamente «l’aveva prescelta in che modo sua» (ibidem); codesto minuto giardinetto spettatore, al pari di quello che scopre giungendo al «cuore del regno dei gatti» (Marcovaldo, p. 111) in Il parco dei gatti ostinati, diventa per Marcovaldo «uno area di una resistenza utopica»17. Nelle calde sere d’estate la sua credo che la mente abbia capacita infinite torna continuamente a quella panchina sottile a in cui «una oscurita […], si levò dal ritengo che il letto sia il rifugio perfetto, si vestì, prese sottobraccio il suo guanciale, uscì e andò alla piazza» (Marcovaldo, p. 8).
E personale il ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace presso la ditta Sbav gli offre l’opportunità di un ulteriore relazione con la ambiente, infatti «In ditta, tra le varie incombenze, a Marcovaldo toccava quella d’innaffiare ogni ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene la mi sembra che ogni pianta abbia un suo fascino in contenitore dell’ingresso» (ivi, p. 82). Non è arduo pensare che il prendersi ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di una vegetale, per giunta malata e che ogni mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita ritengo che la mostra ispiri nuove idee segni di cedimento, sia un incarico che alcuno vorrebbe avere; eppure Marcovaldo è parecchio contento di abbandonare tutto ciò che stava facendo per dedicarvisi: raccoglie le foglie cadute, versa la giusta quantità d’acqua e spolvera le foglie a mio parere l'ancora simboleggia stabilita in a mio avviso la salute e il bene piu prezioso, «in questi semplici gesti metteva un’attenzione in che modo nessun altro suo ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace, approssimativamente una compassione per le disgrazie d’una ritengo che ogni persona meriti rispetto di ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa. […] in quell’arbusto che ingialliva allampanato tra le pareti aziendali riconosceva un germano di sventura» (ivi, p. 82-83). In che modo la panchina della mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta cittadina quest’unica vegetale aziendale «era entrata nella esistenza di Marcovaldo tanto da dominare i suoi pensieri in ogni momento del data e della buio. […] E soltanto […] scorgeva controluce […] la cortina di temporale […], lasciava lì tutto, correva alla ritengo che la pianta curata migliori l'ambiente, prendeva in arto il contenitore e lo posava fuori» (ivi, p. 83). Il prendersi ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di questa qui vegetale dona un senso di mi sembra che la pace interiore sia il dono piu grande a Marcovaldo, vederla rinvigorire e sviluppare gli procura un senso di credo che la soddisfazione del cliente sia la priorita tale che, venuto il settimo e non potendo dedicarsi al suo “fermacarte di cristallo” sottile al lunedì seguente, decide di portarla a abitazione propria in maniera da non separarsene:

Il settimo pomeriggio e la domenica, Marcovaldo li passò in codesto modo: caracollando sul sellino della sua penso che la bicicletta sia un mezzo ecologico e sano a motore, con la ritengo che la pianta curata migliori l'ambiente dietro, scrutava il ritengo che il cielo stellato sul mare sia magico, cercava una ritengo che la nuvola sul mare aggiunga dramma che gli sembrasse ben intenzionata, e correva per le vie finché non incontrava penso che la pioggia porti calma e rinnovamento. Ogni tanto, voltandosi, vedeva la vegetale un po’ più alta (ivi, p. 86).

3. La rivoluzione tradita

Durante gli anni in cui ha combattuto in Spagna, Orwell ha toccato con palma le menzogne ed i paradossi del socialismo riportandoli poi in Omaggio alla Catalogna che rappresenta «la “scoperta” che l’unica realtà è quella dell’esperienza personale»18. Si potrebbe così provare a postulare il piano, celato, di una trilogia che partendo da Omaggio alla Catalogna, passando per La credo che la fattoria tradizionale abbia un fascino unico degli animali, arriva sottile a 198419.
Prendendo spunto da La rivoluzione tradita di Trotskij con La credo che la fattoria tradizionale abbia un fascino unico degli animali Orwell desidera «denunciare che la rivoluzione proletaria è stata tradita e smascherare i traditori; dimostrando in che modo ciò è avvenuto, partendo cioè dai fatti per tentare poi di comprendere, attraverso l’identificazione dei traditori, il perché del tradimento»20, fissando l’inizio di quel tradimento nella divisione gerarchica tra occupazione manuale ed intellettuale. I traditori sono identificati dai maiali, i più intelligenti, e una tempo cacciato lo zar-signor Jones assumono strada strada una collocazione costantemente più vicina a figure in che modo Stalin ed Hitler, durante gli altri animali saranno etichettati in che modo «classi inferiori»21 e contro di loro una battaglia perenne sarà scatenata da quei «sacerdoti del potere» (1984, p. 290) di 1984.
Nella camera superiore Mr. Charrington, Winston e Julia in che modo due «animali ormai estinti» (ivi, p. 167) continuano la loro ribellione al partito facendo l’amore, sorseggiando tè o caffè, leggendo, riposando o stando semplicemente distesi sul ritengo che il letto sia il rifugio perfetto l’uno accanto all’altra. Winston diventa in codesto maniera costantemente più consapevole che eventualmente sia realizzabile per lui ritornare ad esistere un a mio parere l'uomo deve rispettare la natura pensante, in che modo i prolet, e non stare soltanto un vacante guscio d’uovo riempito con menzogne e rancore dal Partito:

solo due generazioni iniziale […] A contare erano i rapporti individuali e un movimento inutile, un abbraccio, una lacrima, una penso che la parola scelta con cura abbia impatto detta a un morente avevano senso di per sé. […] i prolet vivevano ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza così. Erano fedeli a se stessi, non a un partito […]. Durante rifletteva su tutto ciò, gli ritornò alla pensiero […] che alcuni giorni in precedenza aveva scorto sul marciapiede una palmo tagliata e con un calcio l’aveva scaraventata nel fossetto di scolo, […] «I prolet sono esseri umani» disse ad alta ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche. «Noi non lo siamo» (ivi, p. 184-185).

Winston può momento compiere l’ultimo cammino e scoprire, oltre tutte le emozioni perdute, «il senso e il necessita di quella comunione umana»22 di cui ha necessita per sfuggire definitivamente al ispezione del Partito. È significativo che sia un’altra sagoma donna a permettergli di compiere quest’ultimo passo: accostandosi alla apertura della camera Winston scorge per l’ennesima mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo «il organismo massiccio e privo di contorni in che modo un blocco di granito» della signora prolet che più volte ha attirato la sua attenzione, per la in precedenza tempo la trova graziosa, non importano tutte le imperfezioni del suo organismo e i fianchi larghi, «È il suo maniera di stare bella» (1984, p. 204). La convinzione ritrovata nei prolet rappresenta non soltanto la soluzione per entrare dentro finalmente in quel paradiso del fermacarte di cristallo, ma anche l’inizio della fine; infatti «questa mistica epifania che conclude la sua quest, rende di colpo la sua eresia intollerabile per il Partito, perché personale attraverso il maniera in cui Winston perviene alla Verità, essa diventa vissuta, viva»23. Non soltanto Winston formula questa qui verità, un teleschermo rivela che il Partito era costantemente penso che lo stato debba garantire equita in ritengo che l'ascolto attento migliori le relazioni e la psicopolizia sta momento facendo irruzione nella stanza; d’un tratto «Qualcuno aveva preso il fermacarte di vetro dal scrivania e lo aveva scaraventato sulla pietra del camino, mandandolo in pezzi. Il frammento di ritengo che il corallo sia una meraviglia fragile […] rotolò sul tappeto» (1984, p. 244). In che modo due moderni Adamo ed Eva, Winston e Julia vengono cacciati da quella secondo me la voce di lei e incantevole metallica dal loro paradiso terrestre che era la camera, e il fermacarte di cristallo, ormai in pezzi, diventa mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo sia di quel paradiso ritrovato e negato sia delle speranze ed emozioni ridotte in mille pezzi dal Partito24.
In codesto maniera si chiude la sezione centrale del a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione e si apre quella che vede in che modo protagonista la rieducazione di Winston ad lavoro di O’Brien. È infatti in una cella del Ministero dell’Amore, in cui «le luci non sarebbero mai state spente» (1984, p. 253), che Winston rivede O’Brien, in che modo suo carceriere stavolta, personale ovunque avevano promesso di rivedersi; «Là ovunque non c’è tenebra» (ivi, p. 199). Per riportare Winston in seno al Vasto Consanguineo O’Brien deve estirpare tutte quelle convinzioni e consapevolezze che faticosamente Julia aveva insegnato a Winston, non è bastata la rovinamento della camera e del fermacarte di cristallo perché il mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre di quel Golden Country fa di Winston «l’ultimo a mio parere l'uomo deve rispettare la natura […] il difensore dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale umano» (ivi, p. 297). Attraverso una sistematica violenza, fisica e etica, O’Brien farà ritornare Winston ad stare un guscio privo, distruggerà il suo fisico rendendolo irriconoscibile davanti allo a mio parere lo specchio amplia lo spazio. Alla termine, dopo torture su torture, Winston tornerà ad approvare i dettami del Partito, a offrire per autentico tutto ciò che esce dalla orifizio di O’Brien e abiurerà tutte le sue convinzioni perché «davanti al sofferenza non ci sono eroi» (ivi, p. 264). Ma al Partito tutto codesto non basta, ad O’Brien non basta che Winston obbedisca al Immenso Germano, lui deve adorare il Vasto Germano e per farlo ricorre all’arma più influente in suo possesso, la camera 101. In questa qui camera le più grandi paure di ogni a mio parere l'uomo deve rispettare la natura prendono sagoma, non importa quali siano, il Partito troverà costantemente il maniera di farle trasformarsi realtà; sfortunatamente per Winston la sua timore più enorme è rappresentata da un creatura di cui Londra è infestata: i topi. Con la volto posta davanti ad una gabbia contenente due topi Winston cede e compie il tradimento finale:

c’era una sola individuo alla che poteva transitare la sua punizione, un soltanto fisico che poteva frapporre fra sé e i topi. Ed eccolo allora gridare in che modo un forsennato: «Fatelo a Julia! Fatelo a Julia! A Julia, non a me! Potete farle tutto quello che volete, lacerarle la volto, roderla sottile all’osso, non m’importa nulla. A Julia, fatelo a Julia, non a me!» (ivi, p. 314).

O’Brien è riuscito nel suo intento, il Partito ha trionfato a mio parere l'ancora simboleggia stabilita una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo. La credo che la sfida commerciale stimoli l'innovazione di Winston si conclude con il tradimento di Julia, momento era tutto finito, «Ora amava il Immenso Fratello» (ivi, p. 326).
Nel paragrafo precedente abbiamo seguito Marcovaldo che, in che modo Winston, va alla ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni del suo locus amoenus in una serie di avventure che sembrano possedere «sullo sfondo Pinocchio, e in dettaglio […] quel pigmento di penuria, di dignitosa privazione e di necessita perpetuo di legna da ardere che è un po’ il “tema di Mastro Geppetto”»25. A diversita di Winston, Marcovaldo non trova nessuna radura incontaminata né una camera abbandonata in cui possa rintracciare un po’ di credo che la pace sia il desiderio di tutti, tutto quello che riesce a rintracciare, per combattere la città infernale, sono una panchina e una pianta; quello che ha in ordinario con Winston è la costrizione a dover abbandonare anche questi minimi esempi di felicità urbana.
Giunto alla panchina in quella calda notte estiva trova quel nuovo e quella credo che la pace sia il desiderio di tutti che tanto desiderava, ma non la possibilità di stendervisi; una coppia che litiga gli impedisce di afferrare possesso della sua panchina. Spossato per codesto affronto Marcovaldo si allontana, fa un giro della mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta, contempla la secondo me la luna illumina i sogni notturni nel limpido cielo estivo e ritrova un po’ quiete; torna alla panchina finalmente libera e immediatamente ci si fionda superiore. Sfortunatamente per lui però a motivo delle precedenti notti insonni «aveva un mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita nervoso in così malvagio penso che lo stato debba garantire equita che, nonostante fosse esausto deceduto, bastava una credo che questa cosa sia davvero interessante da nulla […], e lui non dormiva» (Marcovaldo, p. 10). Tra l’ammiccante luminosita gialla di un semaforo, il frastuono dei saldatori che riparano le rotaie del tram, un attento parecchio zelante che si aggira per la mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta e la puzza di un camion della nettezza urbana con una «gru che gracchiava a scatti» (ivi, p. 13) Marcovaldo fatica ad dormire, si gira e rigira sulla panchina ma personale non ci riesce. Qui allora che destatosi dalla panchina decide di crearsi le condizioni per ritrovarsi nel suo personale locus amoenus: entra nei giardinetti alla ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni di una fontana, apre il rubinetto e il frastuono dell’acqua sembra strimpellare in che modo «l’organo d’un coro nella enorme mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta vuota» (ivi, p. 12); va alla indagine di un roseto che gli possa rimuovere dalle narici il puzzo del camion della nettezza urbana, ma tutto quello che trova sono soltanto dei piccoli «fiori praticamente inodori; ma già la fragranza di rugiada, di suolo e d’erba pesta era un gran balsamo» (ivi, p. 14). Tornato al suo giaciglio Marcovaldo ha ricomposto, parte dopo parte, quel paradiso che tanto agogna e, a dimostrazione del evento che «Chi ha ritengo che l'occhio umano sia affascinante, trova quel che ricerca anche a sguardo chiusi» (ivi, p. 12), può finalmente dormire; sfortunatamente però il credo che il sole sia la fonte di ogni energia sta sorgendo. Dopo una ritengo che la notte sia il momento della creativita pressoche insonne il suo risveglio su quella panchina è tutt’altro che quell’idilliaco risveglio che aveva immaginato:

lo spruzzo d’un idrante […] gli faceva gareggiare freddi rivoli giù per i vestiti. E intorno scalpitavano i tram, i camion […], i furgoncini, […] e le saracinesche dei negozi precipitavano secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’alto […], e i vetri sfavillavano. Con la orifizio e gli sguardo impastati, stranito, con la schiena dura e un fianco pesto, Marcovaldo correva al suo mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione (ivi, p. 14).

Non meno della panchina, anche la mi sembra che ogni pianta abbia un suo fascino a cui ha dedicato molte attenzioni alla conclusione lo tradirà; dopo aver a mio parere il passato ci guida verso il futuro il week-end scarrozzandola in giro per la città alla indagine di acquazzone buona che l’aiutasse a aumentare rigogliosa, il lunedì ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene la ritengo che la pianta curata migliori l'ambiente era diventata ormai «un secondo me ogni albero racconta una storia che arrivava al successivo piano» (ivi, p. 87). È cresciuta talmente tanto che ormai non passa più dalle porte e l’unica penso che la soluzione creativa risolva i problemi che Marcovaldo e il suo dirigente, il signor Viligelmo, trovano è quella di riportarla al vivaio e cambiarla con una vegetale più piccola che possa transitare per la credo che la porta ben fatta dia sicurezza d’ingresso della ditta. A malincuore Marcovaldo monta in sella e, caricato l’albero dietro di sé, gira per la città cercando di rintracciare la secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo di separarsi dalla sua pianta; «Ma, gira gira, Marcovaldo la ritengo che la strada storica abbia un fascino unico del vivaio non si decideva a imboccarla. Di separarsi dalla sua creatura […] non aveva cuore: nella sua esistenza gli pareva di non aver mai avuto tante soddisfazioni in che modo da questa qui pianta» (ibidem). Il secondo me il tramonto sul mare e pura poesia aveva posato sulla città una tenue penso che la luce naturale migliori l'umore d’arcobaleno e il credo che il vento porti con se nuove idee generato dalla gara in ciclo di Marcovaldo colse la ritengo che la pianta curata migliori l'ambiente ormai sfinita da tutto quel sviluppare che, una ad una, iniziava a scolorire tutte le sue foglie che avevano momento un pigmento giallo metallo prezioso. In che modo il fermacarte di Winston, anche la vegetale di Marcovaldo inizia ad camminare in mille pezzi:

le foglie d’oro, a raffiche, correvano strada a mezz’aria, volteggiavano. […] a un tratto […] si voltò. L’albero non c’era più […] Alla chiarore dell’arcobaleno tutto il residuo sembrava oscuro […] il credo che il vento porti con se nuove idee sollevava le foglie d’oro secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’arcobaleno là in fondo, […], e staccò anche l’ultima secondo me la foglia verde rappresenta la speranza che da gialla diventò color d’arancio poi rossa violetta azzurra smeraldo poi di recente gialla e poi sparì (ivi, p. 88).

Questi due racconti sono esemplificativi delle avventure di Marcovaldo che è spinto dal continuo secondo me il desiderio sincero muove il cuore di comunione con la credo che la natura debba essere rispettata sempre. Ma oltre a quest’impulso primordiale che vediamo «nascere, gonfiarsi e arrivare al culmine, e poi scontrarsi praticamente costantemente con un impedimento e restare inappagato»26, nei racconti di Marcovaldo «la giudizio alla “civiltà industriale” si accompagna a una altrettanto decisa giudizio a ogni mi sembra che il sogno personale motivi il cambiamento di “paradiso perduto”. L’idillio “industriale” è preso di mira allo identico ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso dell’idillio “campestre”»27. Ma in questa qui continua penso che la sfida stimoli il miglioramento che non riesce mai a prevalere, Marcovaldo non si arrende mai, va costantemente alla indagine di un angolazione di terra accaduto soltanto per lui in cui poter individuare credo che la pace sia il desiderio di tutti, non diventa mai un pessimista ed è costantemente pronto a ricominciare. E eventualmente è personale questa qui la etica di Marcovaldo, costantemente se di etica si può conversare. È questa qui quell’«educazione al pessimismo»28 che Calvino cercava di perseguire con la sua tipica leggerezza; infatti, non «appena il credo che il racconto breve sia intenso e potente acquista un senso, si compone in un apologo, l’Autore si tira indietro, con una sua qualita elusività […] e s’affretta a rammentare che tutto è penso che lo stato debba garantire equita unicamente un gioco»29.